VITTORIO VANDELLI SVELA UNA MODENA IN STILE DARK
di CLAUDIO GAVIOLI, GAZZETTA DI MODENA
15 Ottobre 2013
15 Ottobre 2013
Possiede un solido impianto
dantesco il romanzo “Dark City” del modenese Vittorio Vandelli da poco uscito
per Solfanelli Editore. Un viaggio negli inferi di una società del futuro alla
fine del ventunesimo secolo orwelliana al cubo, cupa e senza luce, sopraffatta
dall’inquinamento atmosferico e da una dittatura con il guanto di velluto e il
pugno di ferro. Due Beatrici, una provocante e sensuale e una algida e un
Virgilio, rozzo dal cuore tenero, accompagnano l’agente Dick, poliziotto –
scrittore nell’indagine più complessa e pericolosa della sua vita fino
all’origine del Male. La nebbia fitta e sporca ricorda la pioggia incessante di
Blade Runner ma Dick non va a caccia di replicanti bensì di terroristi che
minacciano Emiliopolis, unica grande città che va da Piacenza a Rimini nel
territorio di Euroamerica, mega stato formato da Stati Uniti, Europa e Russia
in contrapposizione agli Islamic
Oriental United Emirates costituiti dall’unione dei paesi musulmani.
Dopo l’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001 un’escalation di
atti terroristici ha infatti diviso il mondo in due grandi blocchi che si
fronteggiano senza risparmio di spargimenti di sangue. Essendo un romanzo ad
impianto noir non dirò nulla della trama e dei colpi di scena seminati nella narrazione.
Ma “Dark City” è anche altro. Soprattutto altro. E’ un suggestivo viaggio nella
cultura anglosassone di cui l’autore è un profondo conoscitore. Cinema, musica,
letteratura e arte impregnano le pagine ricche di digressioni di natura
politica, economica, teologica e blandiscono il lettore in un gioco di
citazioni funzionali alla storia e alla biografia del protagonista (e di suo
“nonno affabulatore” evidente alter ego dell’autore). Un raffinato gioco di
specchi che intreccia i piani narrativi e attraverso film, canzoni e opere
d’arte pittorica fornisce a Dick (detective costruito sull’orma dei suoi
predecessori letterari usciti dalla penna di Chandler o Hammet e dallo schermo
negli anni ruggenti dei noir USA anni 30/40), spunti per trovare il bandolo
della matassa della sua indagine e, soprattutto, per ritrovare se stesso. Come
i protagonisti della “Fiamma del peccato” e del “Viale del Tramonto” forse l’io
narrante è già morto e forse no. Nulla è scontato nel 2084 se non il fatto che
tutti i peggiori incubi che stanno attanagliando il pianeta in suicida
involuzione, si sono concretizzati. E persino la vecchia Ghirlandina immersa
nella foschia malata che avvolge Modena, ricorda il simulacro di una civiltà
come la Statua della Libertà insabbiata ne “Il pianeta delle scimmie”.
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